Rutini, Giovanni Marco

(Firenze 1723 - Firenze 1797)

[Anonimo, ritratto di Rutini (1773), BOLOGNA MiBm]

Nato a Firenze nell’aprile del 1723, completò la sua formazione musicale al Conservatorio della Pietà dei Turchini a Napoli, dove studiò composizione con Leo, clavicembalo con Fago e violino con Pagliarulo. Al termine degli studi trovò impiego presso il conservatorio in qualità di “maestrino”, e poco dopo il 1744 rientrò a Firenze. Gli anni della giovinezza sono caratterizzati da frequenti spostamenti: sicuramente fu a Praga, dove completò le Sonate per cembalo op. I, nel 1748 e di nuovo nel 1753, in occasione dell’allestimento della sua prima opera, Semiramide. Tra il 1754 e il 1756 visse a Berlino e a Dresda, poi, due anni dopo, a Pietroburgo, dove esordì in campo comico con Il negligente, durante un soggiorno che vi fece come maestro sostituto della compagnia dell’impresario Locatelli. Nella città russa Rutini trovò favorevole accoglienza presso gli esponenti dell’alta società, divenendo insegnante di clavicembalo della futura Caterina II e avvantaggiandosi della protezione del conte Sheremetev, che gli affidò la direzione della sua orchestra privata. Eletto Accademico filarmonico nel 1761, si stabilì definitivamente a Firenze e si dedicò alla produzione operistica, mettendo in scena circa 14 opere, alcune delle quali godettero di notevole fortuna, come I matrimoni in maschera, che fu rappresentata solo nel 1763 a Cremona, Bologna, Firenze, Madrid, Dresda e Copenaghen. In seguito al successo riscosso dalla Nitteti, fu nominato “maestro di cappella” del Duca di Modena, ma mantenne la residenza nella città natale, nella speranza di ottenere un analogo incarico dal Granduca Leopoldo, al quale aveva dedicato le Sonate per cembalo op. 8. Morì nel 1797 a Firenze, dopo essersi interessato negli ultimi anni alla musica sacra. L’importanza storica di Rutini è legata alla sua produzione per tastiera, in virtù della quale egli può essere considerato, insieme al napoletano Mattia Vento, uno dei protagonisti della sonata cembalistica della seconda metà del Settecento. L’insieme delle opere può essere diviso in due grandi gruppi. Nelle prime composizioni Rutini appare uno sperimentatore a livello armonico, con l’impiego frequente della dissonanza e delle transizioni modulanti, e sul piano della tecnica tastieristica, dal momento che il virtuosismo viene distribuito in modo equo tra le due mani. La struttura generale delle sonate si rifà allo schema consueto in tre tempi, che comprende un Allegro bitematico tristrofico e un Minuetto con o senza trio, spesso in posizione conclusiva. Si percepisce la presenza di un mondo stilistico attratto dal clima galante, di cui si interpretano le inclinazioni pastorali, benché Rutini raggiunga un equilibrio tecnico e formale superiore a molta musica nata sotto tale segno, suggerendo un distacco quasi ironico dallo stile da lui stesso abbracciato. La seconda fase è caratterizzata da un singolare ripiegamento stilistico, in particolare a partire dall’op. 8 del 1774, in calce alla quale Rutini dichiara: “Il Cembalo…rende altresì un’utile e dilettevole compagnia, e può con ragione ascriversi a uno dei più leggiadri ornamenti da comprendersi nell’educazione.[…] Ho procurato di rendere, per quanto ho potuto, le presenti sonate chiare, facili, prive di tutte quelle difficoltà che arrecano piuttosto confusione che diletto…”. Si lascia da parte l’incalzante virtuosismo del tempo e si fa posto alla “sonatina”, cioè alla sonata intesa come strumento didattico e ricreativo, che permette anche ai meno esperti di conseguire con poco sforzo risultati gratificanti. Nonostante alcune novità formali, l’arte di Rutini può ritenersi ormai esaurita, denunciando l’impossibilità di procedere oltre i traguardi raggiunti.



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